Come ci si curava – Il clistere

Il clistere, da Molière in poi è un soggetto con cui si scherza ma che non viene mai bene approfondito. La maggior parte degli autori che l’hanno trattato si sono preoccupati di far ridere creando o riportando degli aneddoti sull’operazione e le sue circostanze, ma in pochi si sono soffermati sull’evoluzione del più utilizzato strumento per clistere, la siringa.

Il clistere o enteroclisma è un’irrigazione di acqua che serve per liberare l’ultimo tratto dell’intestino o colon da feci o gas, con l’introduzione di una cannula nel retto. In medicina è utilizzato per rimuovere tali ostruzioni prima di un intervento chirurgico. E’ una pratica igienico-salutistica e non ha nulla a che fare con intenti o perversioni sessuali. Ne parlano ampiamente le antiche scritture sacre vediche (cioè la raccolta dei Veda, in India, che risalgono a migliaia di anni fa), quelle egizie e anche il vangelo apocrifo denominato “Vangelo esseno della pace”, in cui troviamo uno stupefacente Gesù igienista ante-litteram, che ne descrive il funzionamento e le virtù.

Tutti gli storici del clistere pensano che l’idea fu data agli uomini da alcuni uccelli, soprattutto l’ibis, che utilizza “il suo lungo becco montato su di un lungo collo” per inviare dell’acqua pulita nei suoi intestini quando soffre di una digestione faticosa.

Evidentemente l’uomo non poteva prendere dall’uccello che l’idea del clistere. Un primo affinamento consistette nell’uso di uno stelo di canneto che si interpose tra le labbra dell’operatore e l’orifizio dell’operato. Questo sistema primitivo è descritto ironicamente in un libello del  1757 che è falsamente intitolato: Mémoires de l’Académie de la ville neuve de Nancy (Tome premier.) [Dissertazione dell’Accademia della città nuova di Nancy (Tomo primo).

Si trattava, lo si capisce, di ridicolizzare l’Accademia di Nancy facendo credere al pubblico che si appassionava per delle questioni di questo ordine: “Occorreva,” dice l’autore di questa storica burla, “che l’operatore si fosse istruito attraverso un esercizio frequente nell’arte di trattenere il suo respiro, per timore che dopo aver svuotato i suoi polmoni e la sua bocca espirando la composizione, egli non la pompasse di nuovo con un movimento involontario… Tale fu l’arte nella sua infanzia. Lo sapete, Signori, le invenzioni più sublimi hanno avuto degli umili inizi!”.

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Un tale inconveniente non esiste più nell’apparecchio descritto da Reignier de Graaf nel 1668 e che si compone:

1° da una cannula destinata ad essere introdotta nell’intestino: è di legno, forata da piccoli buchi in cima;

2° da un tubo sottile di materia molto flessibile;

3° da una imboccatura in legno.

Ciò dava già al malato la possibilità di non ricorrere all’aiuto altrui per l’operazione.

 

Ed ecco il terzo stadio: si immaginò di sopprimere l’intervento della bocca e di sostituirgli una vescica riempita con il liquido adatto. In un’opera apparsa a Rostock nel 1639, Simon Pauli chiama questo strumento vesica bubula. Aggiunge che i chirurghi tedeschi avevano l’abitudine di servirsene mentre in Francia preferivano la siringa.

Secondo la Storia della Medicina di Feind, un chirurgo inglese avrebbe inventato verso il 1370 uno strumento a clistere assolutamente meraviglioso e il cui segreto sarebbe andato perduto. Era senz’altro un perfezionamento della vescica a cannula.

 

Ma è tempo di giungere alla nobile siringa, allo strumento molieriano. Essa era conosciuta nell’antichità, perché a Pompei è stata scoperta una vera siringa, ma di dimensioni ridotte, costruita senza dubbio per le cure da dare alle orecchie. Gli Egiziani, che secondo Erodoto lavavano i loro intestini tre volte al mese dovevano utilizzare degli strumenti di questi tipo.

Nella siringa di Pompei il pistone è azionato da uno stelo la cui estremità esterna, può essere manovrata comodamente, presenta la forma di una T, al contrario delle epoche moderne, l’impugnatura è costituita spesso da una palla o un pulsante cilindrico. È sotto questa forma che lo strumento è rappresentato nelle incisioni che illustrano le edizioni contemporanee del Signor Pourceaugnac e in molti quadri celebri di cui uno del grande Watteau.

Clyster_syringesQuesta rapida enumerazione basterebbe da sola a dimostrare che la siringa ha ispirato i pittori e gli incisori. Ma c’è di meglio: alcune rappresentazioni sono esse stesse dei capolavori scolpiti. Una magnifica siringa in avorio del XVII secolo la cui impugnatura rappresenta una mano delicatamente cesellata, figurava in evidenza nelle collezioni del Signor Dr. Debat a Parigi. Se ne conoscono altre in osso scolpito o inciso, ma la maggior parte delle volte la siringa comune era costruita in stagno.

Evidentemente nel corso dei secoli si dovette ricorrere ai buoni offici di un terzo per manovrare queste siringhe diritte. Ma ricordiamoci bene che l’apotecario fu per lunghi secoli, assolutamente estraneo a questo incarico. Durante il Medioevo sono i medici e più spesso i chirurghi barbieri che ne hanno il monopolio. A volte i medici hanno come aiutanti degli specialisti, specie di infermieri allenati a questo genere di manovre.

Nel nostro museo potete ammirare una collezione di strumenti per i clisteri, anche le “siringhe” di cui parliamo in questo articolo.